Come la Slitta di Babbo Natale, anche la slitta dei cani Husky si guadagna i suoi sentieri in mezzo alle foreste invernali, piene di neve e elfi
La slitta di Babbo Natale e le Renne ci sono. Ma anche una muta di Husky. È una gara? Sarebbe molto carina. Il passo più lento delle Renne e quello allungato dei cani Husky.
Ma no. Sono due tra le esperienze fantastiche che si possono fare in Nord Europa. In Norvegia si può vedere l’Aurora Boreale, certo, ma si può entrare in contatto con questi due animali sacri, figli di storie particolari.
La Slitta di Babbo Natale è in partenza
La slitta è pronta. Le Renne anche. Un tempo questi animali erano l’unico metodo di spostamento per i Lapponi. Oggi, rappresentano un viaggio spirituale nelle foreste a contatto con il freddo, i paesaggi innevati, la rara bellezza tra i cristalli.
Quando salirai sulla slitta di Babbo Natale, inspira, ed entra in sintonia con queste meravigliose creature, con la loro natura e lo sguardo selvaggio. Allevati dalla popolazione indigena dei Sami, questi animali sono diventati il simbolo di una cultura e di una nazione.
Tanto da ispirare perfino la pianta di una città, Rovaniemi, andata quasi completamente distrutta durante la Seconda Guerra Mondiale. Un luogo e un progetto che nel 1950 attirò le attenzioni della First Lady americana Eleanor Roosevelt la quale ne sostenne la rinascita.
Le Renne e gli Elfi
Forse non incontrerai Comet, Dancer, Dasher, Prancer, Vixen, Donder, Blitzen e Cupid, le nove renne di Babbo Natale, e nemmeno Rudolph, l’ultima aggregatasi per mano dello scrittore Robert L. May, ma
sarai a contatto con esemplari altrettanto carismatici.
E se ti stai chiedendo se incontrerai gli Elfi, ecco, devi solo tenere gli occhi ben aperti. Non si sa mai dove finisca la realtà e inizi la fantasia.
La slitta di Babbo Natale nasce da un poema
Essere trainati sulla neve soffice dalle Renne è una sensazione che riconduce alle favole, indubbiamente. Non si può non pensare al poema da cui la storia di Babbo Natale ha origine, A visit from St. Nicholas, il quale ci suggerisce -in qualche modo- un volo magnifico entrato nell’immaginario di noi tutti.
Come foglie secche davanti al soffio di un selvaggio uragano,
quando incontrano un ostacolo, salirono verso il cielo;
così fino oltre le case i corsieri volarono,
con la slitta piena di giocattoli – e di San Nicola anche:
e poi in un batter d’occhio, ho sentito sul tetto
il rampare e scalpitare di ogni loro piccolo zoccolo”
Diciamo che forse non volerai ma la sensazione è pressappoco la stessa.
La muta di Husky
A fare un po’ di concorrenza alle Renne e alla slitta di Babbo Natale, ci sono gli Husky.
Questa razza di origini siberiane, considerata tradizionalmente “da lavoro”, è diventata anch’essa una prerogativa dei viaggiatori. Di chi cerca forti emozioni. Un episodio, in particolare, ha contribuito a renderli indispensabili: il trasporto -in condizioni climatiche impossibili per chiunque- del siero anti-difterico necessario durante l’epidemia in Alaska per salvare la vita agli abitanti di Nome.
I Ciukci, una popolazione russa stanziatasi in seguito in Siberia, selezionava personalmente i capi, come formare la muta di cani, come distribuirli sull’asse di tiro. Studiarono come in prima linea dovessero esserci i cani più obbedienti, mentre per ultimi i più forti. E la coppia doveva essere formata prendendo come riferimento il loro feeling personale. Inoltre dovevano essere nutriti tenendo conto dei periodi di massimo lavoro, durante i quali, gli animali hanno un fabbisogno giornaliero di circa 10 mila Kcal. Quindi, si resero conto, che erano cani affettuosi e che, per farli rendere al meglio, andavano coccolati.
La corsa in slitta
L’estate questi animali si riposano, si godono la natura, i boschi, spesso vengono portati verso luoghi più freschi. Non soffrono il caldo ma non è il loro habitat, bisogna tenere presente che hanno due manti, non uno solo. Il primo gli serve per diventare impermeabili all’acqua, il secondo per ripararsi dal vento e dal gelo.
Appena cade la prima neve riprendono ad allenarsi e sono eccitati. Non vedono l’ora di correre. Anche 80 km al giorno, se hanno delle gare.
È in assoluto un’esperienza selvaggia. Lo chiamano dogsledding. E quando ti trainano in mezzo alle foreste invernali, un profondo senso di grandezza si irradia intorno. I cani diventano un tutt’uno, fanno squadra. Iniziano a correre e l’aria fredda ti aggredisce, poi non la senti più. C’è solo pace. Uno spazio incredibile, bello, da cui rubi il respiro alla neve.
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