I suoni e i miti dell’Aurora Boreale sono stati tradotti in interpretazioni leggendarie e in una piccola sigla “la luce che si può ascoltare”
L’impatto del vento solare
I suoni e i miti dell’Aurora Boreale danno forma a un fenomeno dal grande impatto emotivo. La forma più eclatante viene definita Corona Boreale, ovvero una specie di ghiera che circonda il punto più alto della sfera terrestre, lo zenith. La forma meno eclatante è quando, purtroppo, non si manifesta lasciando dietro di sé strascichi di delusi.
Tutto ha origine dal vento solare che, pur incontrando Mercurio e poi Venere, non muta la sua velocità se non quando incontra la Terra.
Entrambi, infatti -essendo l’uno scarso di campo magnetico e l’altro totalmente privo-, non lo trattengono. Quindi l’impatto avviene con la ionosfera terrestre.
Qui, le particelle, che arrivano cariche di elettricità, raggiungono i due poli e dopo aver scaricato tutta l’energia, generano una luce spettacolare.
Dai colori alla musica
Una magia che si trasforma in scala di colori a seconda di dove le energie si sono liberate. Ad altitudini basse il cielo si tinge di rosa, seguito dal verde -che poi è quello più riconoscibile- e dal rosso-violaceo quando arriviamo ad altezze superiori a 240 Km. Il blu invece non è facilmente distinguibile dalla terra. Si manifesta lontanissimo da noi.
Stare con lo sguardo in su è l’unico atteggiamento che si può avere, non lascia scampo. Si resta ipnotizzati e felici. È come se alla musica, che non ha sembianze se non quelle della trasparenza, venga messo indosso un drappo per danzare in aria.
E, in effetti, durante la sua apparizione si diffondono delle frequenze audio che -se riconvertite tramite un ricevitore- somigliano al suono di un coro di uccelli. E questo la civiltà Sami doveva saperlo perché chiamava l’Aurora
la luce che si può ascoltare”
I suoni e i miti dell’Aurora Borealis quando ancora non c’erano
Ma ti domanderai di certo, noi ce lo siamo chiesti: prima di Aristotele, ad esempio, come si saranno posti gli abitanti di queste terre nei confronti di un fenomeno ancora inspiegato? Saranno stati intimoriti, sconcertati, come lo avranno interpretato?
Noi oggi abbiamo tutte le risposte. Ma a chi lo dobbiamo? Aristotele fu colui che inserì per primo l’Aurora Boreale in una categoria di oggetti astronomici e comete evanescenti. Fu, invece, l’opera letteraria medievale, il Kongespeilet, a definirlo come Nordurljos, cioè “Luci del Nord”. Galileo Galilei gli diede infine il nome.
Questi eventi, nel corso dei secoli, hanno avuto dei periodi di bassissima attività, il più alto -che coprì un periodo di 96 anni- è noto come Minimo di Maunder. Contrariamente alle Grandi Aurore che, invece, danzando nei cieli di tutta Europa fecero registrare dei picchi altissimi: l’ultima risale al 30 ottobre del 2003.
I suoni e i miti dell’Aurora Boreale si allargarono a tutto il mondo, anche se la scrittrice inglese, Emily Dickinson, scrisse:
A tutti è dovuto il Mattino, ad alcuni la Notte. A solo pochi eletti la luce dell’Aurora”
Poi arrivarono le leggende
Quello che ha generato questo fenomeno è stato poi tradotto in molte leggende e storie diverse.
Per dargli un significato, per cercare a tutti i costi cosa fosse l’Aurora Boreale, le civiltà si diedero molto da fare e ci hanno lasciato dei piccoli sogni.
I suoni e i miti dell’Aurora Boreale tradotti in favole
Quella più amata è la storia della volpe. La luna, una notte, decise che per illuminare meglio la Terra aveva bisogno delle stelle. Trasformò così gli animali della foresta in stelline. Tutti, tranne una piccola volpe che rimase a guardarle da sotto, affranta di non poterle raggiungere. A un tratto, però, gli si parò davanti una luce verde e lei iniziò a inseguirla: con la coda impazzita disegnò nel cielo delle strisce colorate, talmente brillanti che il paesaggio parve illuminato a giorno.
Ma ce ne sono tantissime di queste interpretazioni. Alcuni Sami la fanno risalire all’acqua spruzzata dalle Balene, altri alla ghiandaia siberiana, un piccolo uccello, forse lo stesso che sentivano cantare nel suono dato dalle onde audio. I norvegesi ci vedono lo spirito delle anziane sagge della tribù che danzano in cielo mentre i Norreni la attribuiscono ai riflessi degli scudi e delle armature delle guerriere femminili, le Valchirie.
Insomma, troverai davvero tante storie ad attenderti.
Ti raccontiamo l’ultima: Da messaggio di sventura, così era vista l’Aurora nel Medioevo, questa si riscattò tra i finlandesi che invece vedevano nella sua apparizione un buon auspicio e pesca grossa.
La luce infatti era considerato il risultato del riflesso prodotto dagli immensi banchi di aringhe in mare, i quali annunciavano la loro venuta.
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